così scrive Alberto Quagliaroli nel Blog di Francesco Favalesi e ringrazio entrambi per la gentile concessione...
Visto che avete fatto la bella escursione fotografica al Monte Caucaso ti mando la parte di articolo su Libertà che parlava di questo luogo, che aveva fatto mia madre nel lontano:
21 maggio 1987 - Libertà
Rivedere il Caucaso
Vorrei ritornare sul Caucaso, anzi, sono certa che ci ritornerà presto, prima dell’estate. A volte mi sembra di aver soltanto sognato di essere stata lassù, perché certi particolari mi affiorano alla memoria un poco sfuocati, ma il ricordo del viaggio mi è confermato dalle persone che erano con me e ogni dubbio svanisce.
Un’estate non molto lontana tornavamo a casa dalle vacanze sulla riviera ligure, percorrendo a ritroso la valle Fontanabuona, verde, rigogliosa, popolata di case ridenti. Il mare era poco lontano in linea d’aria, ma l’altezza delle colline parallele alla costa impediva di sentire ancora l’aria fresca e vibrante. Solo qua e là nei giardini qualche esile palma e qualche macchia vistosa di oleandro fiorito suggeriva il perdurare invernale del clima marino.
La strada, percorsa da veicoli veloci, saliva verso un passo appenninico importante, ma noi improvvisamente decidemmo di risalire prima verso il nord e imboccammo una stradetta asfaltata che si snodava in curve continue e strettissime. Salivamo rapidamente verso il crinale e man mano le robinie, le querce, i castagni lasciavano il posto ai faggi, agli abeti, ai prati.
Forre profonde costeggiavano la strada e sotto l'intrico verde degli arbusti intuivano canaloni ancora scroscianti di acqua. Avevamo lasciato alle spalle un cielo quasi coperto, ma ora da un vasto squarcio azzurro il sole meridiano illuminava un ampio pianoro, soffice di erbe alte e fiorite, lievemente ondeggianti all’aria profumata.
Finalmente una casa, finalmente una persona. Una donna lasciò che le sue mucche si dirigessero da sole verso la stalla per rispondere alla nostra domanda: "Ma come si chiama questo posto?".
"È il Caucaso", rispose. Rimanemmo allibiti, perché nella nostra, memoria esisteva un solo Caucaso, mitico e favoloso, una delle più importanti catene del mondo, che comincia in Europa e finisce in Asia; il Caucaso, dove la vegetazione mediterranea si alterna con le steppe gelate; dove dagli oltre cinquemila metri dell’Elbrus, scendono fiumi impetuosi che si insabbieranno poi nelle paludi marine; dove tavolati immensi sono spaccati da crepacci abissali. Qui invece la natura era dolce, le catene dell’Appennino verde sfumate nell’azzurro ci sorridevano con le loro linee familiari, che a sud si aprivano sui lembi di quel mare che da poco avevamo lasciato.
La donna proseguiva dicendo: "L’inverno qui è molto duro, ma in casa siamo riparati bene: solo l’anno scorso si sono rotte le tubature e trovammo due dita di ghiaccio su tutti i pavimenti e nella stalla. Ma in primavera il vento del mare scioglie ben presto i cumuli di neve innalzati dal vento gelido e i prati del Caucaso ritornano verdi. Sì, aggiunse, per andare in val Trebbia si scende di là".
Riprendemmo la strada ancor asfaltata, ma questa volta in discesa, con curve strettissime sull’orlo della valle. Ci attendeva la sorpresa di un tratto di strada appena sterrata, ingombra di sassi e di fango, ma dopo alcune centinaia di metri ecco finalmente la statale per Bobbio.
Nel cuore è rimasto il ricordo di quel luogo solitario e bellissimo. Bisogna ritornarci.
Giuseppina Generali Quagliaroli
...qui la natura è dolce....
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